mercoledì 15 febbraio 2017
«Gesù mi ha salvato, ecco perchè oggi sono prete»
Filippo Dibello, 25 anni, pregò il Signore per farlo guarire e promise che, in caso di guarigione, gli avrebbe donato la vita A soli 25 anni, «armato di gioia», Filippo Dibello è un sacerdote che guarda dritto negli occhi Dio. Occhi verdi, sorriso tenero, sembra un eterno fanciullo. Da piccolo rischiò di morire per una grave malattia respiratoria. Pregò Gesù di farlo guarire e gli promise che se fosse sopravvissuto avrebbe donato la vita a Lui.
Filippo ha il destino del diaconato nel proprio nome, lo stesso di uno dei primi 7 diaconi della Chiesa. Ma dall’altra sera, come una farfalla che lascia la sua crisalide, Filippo, il «don ragazzino», ha preso i voti sacerdotali e può celebrare messa. «Ancora non riesco a realizzare - dice arcicontento -, ho sentito la presenza del Signore». L’ordinazione è avvenuta alla presenza del vescovo Giuseppe Favale e del clero cittadino, in Cattedrale. Ecco un altro passo avanti nel suo cammino di fede, siglato con la ripetizione di quei 5 «sì, lo voglio» nel monumento gremito.
Il suo percorso verso il sacerdozio non è una folgorazione sulla via di Damasco. «È la scelta di un cammino condiviso con Dio», afferma. Classe 1991, originario di contrada Commisso, in agro di Polignano, Filippo Dibello all’età di 6 anni fu colpito da una grave malattia respiratoria che mise in pericolo la sua vita. Trascorse addirittura un periodo in coma. Al risveglio, pregò Gesù di farlo guarire e, quando fu un po’ più grandicello, nella sua testa si affacciava questo pensiero forte: «Se Gesù mi ha salvato, vuol dire che a Lui dedicherò la mia esistenza».
Un percorso di maturazione, sotto la grande ala di un parroco veterano della campagna monopolitana, don Pasquale Vasta. Il bambino cresce, diventa ragazzo e come tutti i giovincelli ha la sua fidanzatina. Ma poi la scelta è chiara, consapevole, responsabile. Liceo classico Morea a Conversano, dove incrocia i corridoi del Seminario diocesano. E poi la Facoltà teologica pugliese in quel di Molfetta. «Ho indossato l’abito talare, motivato dall’amore per Dio e per gli altri», dichiara.
La sua prima messa è in campagna, dove gioca «in casa» per dirla con un termine calcistico, oggi, alle 18,30 nella Madonna del Rosario. Sono attesi qui la mamma, il papà, le 3 sorelle e gli altrettanti fratelli.
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